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Il castello di Maiolati risale agli inizi del sec. XIII, tuttavia notevoli testimonianze documentano nel territorio siti abitati fin dai tempi preistorici. I primi reperti venuti alla luce nel 1883, riguardavano infatti la civiltà Neolitica anteriore al II millennio a.C., forse stanziata lungo il piano – dove poi, intorno al 1000, sorse il convento di San Sisto – fino alla collina di Talliano, quindi lungo la valle di Scisciano, ricca di acque, luogo idoneo per piccoli nuclei di pastori – agricoltori dediti anche alla caccia. Dopo la caduta dell’Impero Romano, dal VII secolo d.C. questi territori vennero inquadrati nel sistema politico-territoriale facente capo al Ducato di Spoleto, esteso fino all’alto Lazio e all’Abruzzo. Maiolati venne a trovarsi nella fascia di confine, segnata dal corso del fiume Esino, tra il Ducato longobardo e la Pentapoli bizantina (Rimini – Pesaro – Fano – Senigallia – Ancona con Osimo e Numana) e ciò spiega la fitta presenza nei castelli vicini di cospicue famiglie del ceto militare o addirittura comitale, come i conti di Morro Panicale (Castelbellino) che fu il vero centro di organizzazione politica almeno fino al sec. XIII e nei cui pressi sorse, alla fine del sec. XI, la chiesa camaldolese di San Giorgio, il santo guerriero protettore delle consorterie militari. Nel XIII secolo il luogo dove sorge Maiolati Spontini cominciò ad assumere una funzione di aggregazione politica e sociale nei confronti dei più antichi nuclei abitativi sparsi intorno a Talliano, San Sisto e Scisciano. Il castello di Maiolati, come “castrum”, menzionato per la prima volta nel 1283 e ciò significa che, da allora, divenne un insediamento fortificato con limitata autonomia amministrativa, affidata a “domini” locali con ampie facoltà politiche e giurisdizionali. Notevole importanza avevano nell’area i poteri ecclesiastici, sottratti al dominio dell’Impero. Nel 1294, infatti, il castello di Maiolati, insieme a quelli di Castelbellino e Monte Roberto, faceva capo alla Pieve di Santa Lucia o Pieve di Morro Panicale, sita nel territorio dell’attuale Castelbellino. La chiesa, fondata alla fine del sec. XI sul nucleo centrale dei territori comunali dei tre castelli, fra il XII e il XIII secolo assunse le funzioni di pieve (plebs ), intesa come comunità di fedeli (populus fidelium) presente in un dato territorio e facente capo ad una chiesa dotata di fonte battesimale. Nel territorio inoltre esisteva la comunità monastica di S. Sisto, oggi scomparsa, appartenente alla potente Abbazia di S. Elena di Serra S. Quirico. E’ rimasta invece a valle, nella frazione Moie, l’antica abbazia di S. Maria, fondata fin dall’inizio dell’anno 1000 e parte della vicina plebs sancti Blasii et Sanctae Luciae de Murro Panicaliae, nei pressi dell’odierno centro di Castelbellino. Nel 1201 viene ricordato in un documento l’abate dell’abbazia, Guido de Simonis, come firmatario di un contratto con il quale i signori di Castrum Mollie, un tempo situato ad Occidente del monastero, si sottomettono al vicino Comune di Jesi. Nel 1219, in ultra documento, l’abbazia venne chiamata Molie S. Mariae plani, in riferimento alle molie, la zona paludosa. Passato sotto il Comune di Jesi nel XIII secolo, come del resto i castelli circostanti, Maiolati nel XV secolo fu al centro di una importante vicenda storico-religiosa: il castello infatti divenne la roccaforte dei Fraticelli, francescani dalla spiritualità fortemente impregnate di accenti pauperistici e escatologici. La protesta della setta, diffusa anche a Cupramontana e Mergo, assunse toni tali da spingere Martino V a inviare nel 1426 S. Giacomo della Marca, inquisitore e predicatore e, due anni dopo, a distruggere il castello (1428). Tornata con tutto il territorio a far parte dello Stato della Chiesa (sec. XVI), la comunità di Maiolati risultava “comunità mediate subiecta” a Roma, cioè non direttamente dipendente dal potere centrale, ma legata ad esso tramite Jesi, città che nel 1504 ordinò ai suoi castelli di murare sopra la porta d’ingresso un bassorilievo raffigurante il leone rampante, simbolo della dominante ed impose l’obbligo di portare ogni anno il 4 maggio, alla Chiesa di San Floriano, in occasione della festa del Santo, uno stendardo di seta, in base ad una consuetudine risalente al XIII secolo. Le Confraternite affondano le radici negli ultimi anni del ‘400 e i primi del ‘500 e a Maiolati esistevano quelle del SS. Sacramento, di S.Maria della Misericordia, del SS. Rosario e della Morte; ognuna aveva una chiesa ed alcune anche delle proprietà o grano da prestare. Fino al 1807 i consigli dei castelli nominarono ì un “sindaco” incaricato di porgere l’atto di sottomissione alla città dominante, con la quale tuttavia la convivenza non fu sempre facile. Con la Rivoluzione Francese e le guerre napoleoniche lo stato delle cose mutò radicalmente. All’arrivo dei francesi nel 1797 il territorio iesino entrò infatti a far parte del Dipartimento del Metauro con capoluogo Ancona ed i rappresentanti di Maiolati e Scisciano giurarono fedeltà alla Repubblica Francese davanti alle autorità municipali iesine. Nel 1808 le Marche vennero annesse al Regno Italico di Napoleone. Solo allora venne applicata la legislazione francese che eliminò i contadi e pertanto Maiolati divenne comune autonomo, alla cui giurisdizione vennero affidati anche i castelli di Scisciano e di Poggio Cupro. Nel 1813 nel castello e nei borghi di Maiolati esistevano novantatre case e oltre agli edifici religiosi erano presenti: l’antico Palazzo Comunale nei pressi della Porta del Castello, con al terzo piano un teatro con due ordini di palchi, ma senza loggione; due mulini da olio in case private; un forno; un macello; la torre dell’orologio; il Monte di Pietà, istituito dai Francescani e attivo fin dal 1530; l’ ospizio costruito grazie all’attività filantropica di Gaspare Spontini . Una delle principali fonti economiche era costituita dal ricavo di appalti di servizi pubblici, quali l’appalto del forno del “pan venale”. Il fornaio doveva garantire il pane bianco (di sola farina di grano) e il pane bruno (misto di farina di grano, tritello e altri cereali) ben cotto e asciutto, con l’obbligo di rispettare le tariffe in vigore a Jesi. Agli inizi del ‘900 si registrava nella frazione Moje un aumento demografico in concomitanza con un discreto sviluppo delle attività commerciali, nonché con la apertura di una fornace di laterizi. Nel 1919 a Maiolati alcuni cittadini inviarono una petizione al sindaco per la costruzione di una filanda e nel 1921 l’iniziativa prese corpo: un orefice di Jesi acquistò l’ex palazzo comunale e alcune casette che si affacciavano su un piccolo cortile, chiamato poi largo Isonzo. Dal ’22 al ’44 la filanda offrì un efficace sostegno economico alla popolazione locale, ma dopo la ritirata tedesca la filanda fu completamente distrutta. Riprese a lavorare ininterrottamente nel ’48 e rimase aperta fino al ’64. Attualmente la popolazione di Maiolati è oggi soprattutto dedita all’agricoltura, all’allevamento e alla viticoltura.
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